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LA MEDITAZIONE NON FA PER ME. MA È PROPRIO VERO?

LA MEDITAZIONE NON FA PER ME. MA È PROPRIO VERO?
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Martina Rando

del 03/02/2022

La parola meditazione è ormai sulla bocca di tutti. Gli scienziati continuano a studiare e confermare i suoi benefici; grandi imprenditori, attori e chi più ne ha più ne metta, la indicano come l’ingrediente segreto del loro successo. E poi ci siamo noi, comuni mortali, che facciamo difficoltà a meditare anche per tre minuti di fila, e spesso tutto quello che ne ricaviamo è sentirci anche un po’ frustrati perché non è andata come ci avevano promesso: non ci sentiamo in pace con il mondo, gli uccellini non cantano al nostro passaggio e soprattutto non siamo più vicini a diventare il prossimo Steve Jobs.

E così ci ritroviamo a dire “la meditazione non fa per me, io ci ho provato!”.

Ma è proprio vero?

Sono insegnante di yoga e imprenditrice, a quanto pare le persone che fanno parte di queste due categorie conoscono tutti i segreti della meditazione, ma la mia storia con la meditazione è molto più simile alla vostra che non a una di quelle che leggiamo nelle “storie di successo”.

Ricordo ancora la prima volta che ho meditato, per caso, ad una delle prime classi di yoga a cui ho partecipato. L’insegnante stava guidando una meditazione con mantra, tutti intorno a me sembravano conoscere le parole, super immersi, elevati. Io sentivo l’impulso di ridere, piangere e scappare allo stesso tempo e pensavo “questo fa rilassare, dovrebbe rilassare, perchè io invece mi sto arrabbiando? vedi sempre la solita. Sei proprio scorpione”. E così, decretato che il segno zodiacale dello Scorpione a quanto pare non è dotato della capacità di essere in pace con se stesso, ho dichiarato chiusa questa mia avventura zen.

A distanza di mesi e mesi, eccomi al mio primo teacher training, il cui curriculum prevedeva ore, e dico ore, di meditazione giornaliera. Invece di scoraggiarmi, ho deciso di “aprire la mente” e prenderla come un’occasione per provarci di nuovo, dopotutto “gli insegnanti di yoga meditano”. Nel mio mese di ritiro, scoprire le tecniche di meditazione, le origini antiche e sacre di questa disciplina e praticarla guidata e con costanza mi avevano affascinata e fatto sentire i benefici e le potenzialità di questa pratica. Ma appena tornata alla vita di tutti i giorni, è finita lì. E ancora una volta mi son detta “Questa volta ci ho davvero provato, ma proprio non fa per me”.

Ma come in tutte le storie che si rispettino, non c’è due senza tre! E la terza volta si sa, deve essere quella buona. Dopo anni costellati da rare meditazioni guidate in qualche classe di yoga, mi avvicino alla lettura di libri di self-help e crescita personale, tutti concordi nell’affermare che la meditazione è la vera svolta. Questa volta a differenza del secondo tentativo, non ho preso la palla al balzo per un nuovo tentativo, ma sono andata avanti con le mie letture, “una cosa alla volta”, mi sono detta.

Un bel pomeriggio di sole, a Londra (lo so più unico che raro), sulle rive del Tamigi, durante la mia power walk, decido di fermarmi in un angolo tranquillo, e scaricare una meditazione guidata per principianti online. Questa volta gli uccellini c’erano davvero, e anche la luce intorno a me, ma tutto gentilmente offerto dalla natura. Non era successo niente di magico, ma mi era piaciuto, in maniera semplice, senza aspettative incredibili e senza cambiamenti miracolosi. Era stata un’esperienza semplice, che mi aveva fatto sentire bene e mi aveva lasciato un senso di benessere, nonostante le 2 volte in cui avevo aperto gli occhi per essere sicura che un gabbiano non mi volasse in testa, le 18 in cui mi ero distratta e le 4 o 5 in cui mi ero dimenticata di respirare. Era stata un’esperienza lontana dalla perfezione, ma che non aveva l’intenzione di esserlo, non era nemmeno una “prova di meditazione”, era solo una cosa che avevo fatto in quel momento.

Da quel giorno in poi, ogni volta che andavo a fare la mia power walk, mi ritrovavo a meditare per 5 o 10 minuti nel mio angolo preferito. L’associazione ad un’abitudine consolidata mi ha aiutata ad avvicinarmi in maniera più naturale alla meditazione, senza forzature. Prima è diventata un’abitudine legata a quel momento, poi piano piano più indipendente.

Ho capito quando mi è più facile meditare, quando mi è più di aiuto, quando non riesco, e come accettare che non si tratta di un’esperienza perfetta. Senza pianificarlo, in maniera spontanea, la meditazione è diventata parte della mia routine.

Ma se è vero che ho imparato ad apprezzare la meditazione e a sentirne il bisogno è anche vero che ci sono periodi, a volte lunghi anche mesi e mesi in cui non medito affatto, in cui non riesco a ritaglirmi il tempo, in cui preferisco respirare in movimento piuttosto che ferma. Ho imparato però a vedere questi momenti come parte del percorso, non come dei fallimenti. Non mi dico più che meditare non fa per me, perché ho capito che meditare è per tutti, solo non nello stesso modo.

Avrei potuto parlarvi della meditazione, delle diverse tecniche, dei “5 segreti per meditare”, ma per quello c’è Google e un’infinita letteratura sull’argomento a darvi tutte le risposte di cui avete bisogno. Con questa storia da “meditatrice imperfetta” spero di essere riuscita a far passare il messaggio che la meditazione è anche per chi fa fatica, per chi non lo trova amore a prima vista, per chi se ne dimentica. Io con la mia esperienza ho imparato a non farmi più troppe domande “sono adatta? fa per me? lo faccio nel modo giusto?”, in fondo chissenefrega, ci sono arrivata a modo mio e mi fa stare bene.

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